Correva l'anno 1936...
… in Europa il Fronte Popolare vinceva le elezioni francesi ed esplodeva la sanguinosa guerra
civile spagnola; in Italia si proclamava la conquista dell'effimero impero d'Etiopia,
precedute dalle "inique sanzioni" e la FIAT iniziava la produzione della Topolino.
Tra queste imprese che, nel male e nel bene, lasciarono un segno nella storia, l'astronomia
bolognese ricorda quell'anno per un avvenimento importante: il 15 novembre veniva
inaugurato il telescopio riflettore Zeiss, con uno specchio da 60 cm di diametro,
nella nuova Stazione Astronomica di Loiano della Regia Università di Bologna.
A conclusione di una lunga vicenda, iniziata sin dal 1906 - esattamente 100 anni or
sono - dall'allora direttore dell'Osservatorio Astronomico Universitario, Michele Rajna,
l'astronomia bolognese ritornava a nascere dopo quasi un secolo di decadenza, ottenendo
un sito per le osservazioni, lontano dalla gloriosa Specola settecentesca e soprattutto
dall'inquinamento luminoso e atmosferico che già allora iniziava a gravare sulla città.
La realizzazione di quello che fu, per qualche tempo, il secondo telescopio d'Italia (il
primo era il riflettore da 1 m dell'Osservatorio Astronomico di Milano, ma posto a Merate,
in un sito meno adatto alle osservazioni) avvenne grazie all'impegno del direttore dell'epoca,
Guido Horn d'Arturo, e soprattutto grazie a uno dei pochi esempi nazionali di mecenatismo
scientifico.
Già nel 1915, infatti, il cav. dott. Adolfo Merlani - assistente alla cattedra di Analisi
matematica, Assistente Onorario alle Cattedre di Astronomia e Calcolo infinitesimale,
membro della Commissione per la Storia dell'Università di Bologna e già assessore per
l'Istruzione Pubblica al Comune di Bologna - aveva donato all'Università un terreno
posto a Monte Donato, nell'immediata periferia cittadina, affinché vi venisse eretta
una stazione astronomica. Dieci anni più tardi, la vedova di Merlani, Bianca Montanari,
lasciò all'Università, alla sua morte, una donazione di 300.000 Lire (circa 200-250
mila Euro di oggi), 50.000 delle quali destinate all'Istituto matematico per
l'istituzione di una borsa di studio intitolata al marito e le rimanenti 250.000
Lire all'Osservatorio Astronomico per l'erezione di una stazione osservativa sulle
colline di Bologna.
Poteva, così, avere inizio la costruzione dello strumento e degli edifici atti ad ospitarlo.
Dopo l'esclusione di varie possibilità - dalla prestigiosa Villa Aldini, a Monte Donato, a Monte
Stanco - il sito prescelto fu quello del Monte Orzale, presso il paese di Loiano, a 40 km da
Bologna e a 800 m s.l.m., sicuramente per l'epoca uno dei migliori nel vicino Appennino e
il più elevato tra tutti gli altri Osservatori nazionali.
Interamente realizzato - sia le ottiche che la meccanica - nelle prestigiose officine
ZEISS di Jena, il telescopio giunse a Bologna nel luglio 1933, racchiuso in nove casse
del peso complessivo di 60 quintali; il 30 giugno di due anni più tardi si poneva la
prima pietra dell'edificio progettato dall'ing. Gustavo Rizzoli. Racchiusa in una teca
di piombo assieme ad alcune monete divisionali in corso e firmata dal cardinale Giovanni
Battista Nasalli-Rocca, dal rettore Alessandro Ghigi e dalle altre autorità, veniva
murata nelle fondamenta una pergamena recante un'epigrafe dettata da Goffredo Coppola,
ordinario di Letteratura e lingua greca: Pridie kalendas Julias / Anno Domini
MCMXXXV / Primo saxum quadratum jacitur / Sideralis speculae Universitatis
bononiensis / Quae Adolphi Merlani liberalitate / Eiusque viduae Blancae acerrimo
telescopio dotata / Munificentia lictorii regiminis / Anno vertente tertio
decimo / A Fascibus receptis construetur.
I lavori venivano terminati in un solo anno … altri tempi! Il 15 novembre del 1936,
infatti, dopo aver scoperto, nella mattinata, un busto dedicato a Nicolò Copernico
(ancora visibile nel corridoio della sede centrale dell'Università), nel pomeriggio,
alla presenza delle maggiori autorità civili e religiose e di numerosi astronomi italiani,
il rettore Ghigi inaugurava la "Nuova Stazione Astronomica Appenninica sul Monte Orzale
di Loiano".
Nella notte tra il 21 e il 22 dicembre venne impressionata la prima lastra fotografica,
come di consuetudine una "lastra di prova" per eseguire la messa a fuoco del telescopio,
subito seguita dalla foto della prima stella: l'alfa della costellazione della Balena.
Lo strumento, con una distanza focale di 2,10 m e un rapporto d'apertura 1/3,5 e montato
equatorialmente in una cupola da 7 m di diametro realizzata dalla Ditta Bombelli di Milano,
era indicato per osservazioni fotografiche al fuoco diretto, presentando una scala di
98"/mm e un campo corretto per coma completamente sino a 5' e parzialmente sino a 24'.
Sin dall'inizio si iniziarono ricerche nel campo delle stelle variabili (scoprendone
alcune decine), delle nebulose e degli ammassi globulari. Programmi nei quali si
impegnarono, nel tempo tra gli altri, Luigi Jacchia, sino a quando emigrò per le
leggi razziali ad Harvard, Leonida Rosino, poi Direttore dell'Osservatorio di
Padova, Paolo Maffei e Piero Tempesti.
Durante la guerra, la Stazione di Loiano subì ingenti danni. Vennero trafugati non solo
tutti gli strumenti accessori, compresi i motori del telescopio, ma anche l'officina
meccanica e il mobilio. Lo specchio era stato messo in salvo a Bologna e così, passato
il fronte si poterono riprendere le osservazioni pur se in condizioni di estremo disagio.
Negli anni Sessanta, la tecnica fotografica venne sostituita con quella di fotometria
fotoelettrica, più adatta allo studio di stelle variabili e infine, negli anni Ottanta,
il glorioso specchio ZEISS è stato sostituito con uno specchio forato, per consentire
l'utilizzo del fuoco Cassegrain al quale montare fotometri adatti anche alla rilevazione
di controparti ottiche di sorgenti gamma.
Fabrizio Bònoli