Perché una stazione astronomica a Loiano
All’inizio del Novecento i
vecchi osservatori astronomici che si trovavano entro le città erano
destinati a essere spostati, se gli astronomi volevano continuare a osservare
il cielo con buoni risultati (adeguati alla precisione che richiedevano le
prime ricerche di astrofisica). La crescente illuminazione, l’aumento
della vita notturna, l’aria carica di pulviscolo congiuravano contro l’accuratezza
delle osservazioni eseguite nei centri cittadini.
Anche la gloriosa
torre della Specola dell’Università, terminata nel 1725 e che
aveva portato l’astronomia bolognese a un grande splendore, era ormai al
termine del suo ciclo osservativo. Michele Rajna, direttore della Specola dal
1903 al 1920, prese a cuore il progetto della costruzione di una nuova specola.
Esattamente 100
anni fa, il 30 giugno 1906,
ha ufficialmente inizio la storia dello spostamento delle osservazioni astronomiche bolognesi a una sede
extraurbana: la
Facoltà di Scienze dell’Università
«udita la lettura dell’elaborata relazione del prof. Rajna, plaude
alla sua geniale iniziativa e fa voti perché possa essere attuata a
maggior decoro dell’Ateneo bolognese».
Rajna pensava che
la nuova specola dovesse nascere sulle colline che circondavano Bologna e precisamente a Villa Aldini, sulla collina
dell’Osservanza. Proponeva di utilizzare una parte del
palazzo, edificato dal conte Aldini nel 1811-16, sia per gli studi, che
per le abitazioni del personale e l’officina meccanica. Nel piazzale della
villa si sarebbe costruita una cupola girevole per ospitare lo strumento
principale, un rifrattore equatoriale da 325 mm
di apertura per astro-fotografia. La
spesa complessiva per lo strumento e la cupola sarebbe stata di 65 mila lire
(poco più di 200.000 euro). Nel progetto, Rajna dava una grande
importanza anche alla divulgazione astronomica «per rendere attivo e
intenso, nella colta cittadinanza bolognese, l’interessamento per i
fenomeni celesti», utilizzando un opportuno telescopio collocato nel
piazzale.
Il famoso astronomo
statunitense Simon Newcomb, direttore del
Le sue precarie
condizioni di salute non gli permisero di realizzare il progetto. Fu una grossa
fortuna, perché il continuo estendersi della città verso la
collina e l’aumentata illuminazione avrebbero ben presto reso inadatto
per le osservazioni anche questo luogo. Inoltre, le caratteristiche dello
strumento appartenevano molto all’Ottocento e, a breve, per i grandi
telescopi si sarebbero imposti i sistemi a specchio (è
abbastanza semplice costruire grandi specchi curvi, mentre è molto
difficile costruire grandi lenti).
Nel 1915, il dott.Merlani, appassionato astrofilo e già assistente alla Cattedra di
Analisi Matematica, donò all’Università una parte di un suo
terreno a Monte Donato per costruire la nuova specola. Al termine della Grande
Guerra il progetto fu ripreso senza ottenere nessun risultato, perché il
terreno era di riporto e franoso e quindi inadatto per collocarvi uno strumento
scientifico.
Nel 1925, la
vedova di Merlani lasciò all’Università, con
l’intenzione di onorare suo marito, la somma di 300.000 lire per acquistare
uno strumento astronomico. Il lascito, che entrò nella
disponibilità dell’Università solo nel 1930, ridiede
slancio al progetto della costruzione di una nuova specola e si iniziarono le
trattative con le Officine Zeiss di Jena per la costruzione di un telescopio
riflettore da sessanta centimetri di apertura. La Zeiss aveva una grande
esperienza nella costruzione di questi strumenti, poiché aveva
già costruito alcune decine di telescopi riflettori, compresi quelli di
Merate (102 cm di apertura, 1926) e Trieste
(50 cm, 1925).
La costruzione
dello strumento durò due anni e nel luglio del 1933 arrivò a Bologna
chiuso in nove casse dal peso complessivo di
sessanta quintali. Si possedeva lo strumento, ma per metterlo in funzione era
necessario trovare un posto per costruire il nuovo osservatorio. Horn pensava
di averlo trovato sulla sommità di Monte Stanco, nel comune di Grizzana,
a sette chilometri dal paese e dalla stazione, sulla direttissima
Bologna–Firenze. Un colle solitario, alberato di
castagni, alto 720 metri sul livello del mare.
Ma era necessario costruire una strada di quasi due
chilometri per arrivarci e mancavano i soldi per realizzarla. Dopo diverse
riunioni con gli amministratori del Comune, questo colle fu abbandonato e la
scelta cadde su di un terreno di proprietà dell’Università
a Monte Orzale nel comune di Loiano.
Gianluigi Parmeggiani