Loiano sulla linea gotica
La Linea Gotica era una
linea difensiva allestita dai militari tedeschi, nel 1944, per impedire che l’esercito
alleato raggiungesse con facilità la Pianura Padana. Il sistema
sfruttava le caratteristiche morfologiche delle montagne e reticolati, fossati
anticarro, trincee e bunker con artiglieria e mitragliatrici. Le zone
maggiormente fortificate erano quelle costiere e la zona del passo della Futa. Le
truppe alleate attaccarono questo sistema difensivo nel settembre del 1944, avanzando
lentamente e con molta difficoltà.
Lungo la strada
della Futa, la 91a divisione di fanteria americana, liberata
Monghidoro all’alba del 5 ottobre, si spinse verso Loiano. Dopo un inteso
bombardamento durato oltre dodici minuti, i militari del 362o reggimento
entrarono in paese e setacciarono una ad una le
case, gravemente bombardate.
I bombardamenti
colpirono anche la
Stazione Astronomica di Loiano, che era stata abbandonata dal
personale il 22 settembre per i mitragliamenti aerei (già nel mese di
agosto lo specchio del telescopio, l’obiettivo del cannocchiale di guida
e gli oculari erano stati portati a Bologna in un luogo sicuro, mentre
l’ultima lastra era stata presa l’ormai lontano 13 maggio). La
palazzina della foresteria, infatti, fu colpita nella facciata che guarda a
mezzogiorno da un proiettile di artiglieria di medio calibro e presentava un
grande squarcio al primo piano. Mitragliamenti aerei avevano colpito
l’edificio del telescopio, la cupola e, fortunatamente in parti non
vitali, lo stesso strumento.
Dall’ottobre
1944 all’aprile 1945 la
Stazione astronomica fu occupata dalle truppe americane.
All’inizio di maggio del 1945 gli astronomi Zagar e Rosino riuscirono a
visitare la Stazione,
che, ancora occupata da truppe britanniche, appariva devastata e saccheggiata. Erano
stati asportati tutti i battenti delle porte e delle finestre, sia di legno che
di vetro, e bruciato o distrutto tutto il mobilio dei due edifici. Inoltre,
erano stati rubati tutti gli attrezzi dell’officina, gli strumenti
meteorologici, gli orologi e i cronografi e soprattutto il regolatore del moto
orario del telescopio, costruito nelle officine della Zeiss.
Scriveva Horn –
reintegrato come Direttore dai primi di maggio, ma in una difficile
coabitazione con il precedente Direttore Zagar – che «della
montatura resta la nuda carcassa, spogliata di tutti gli accessori svitati
accuratamente (non distrutti, ma malvagiamente) da gente del luogo, secondo le
voci che ho raccolto lassù […] e non si potrà mai
abbastanza deplorare che tra gli oggetti mancanti si conti l’intero
apparato regolatore del movimento». Dopo che le truppe alleate lasciarono
la
Stazione, Horn chiese a Cesare Mezzini, il cui podere era
contiguo alla Stazione, di sorvegliare gli edifici per evitare ulteriori furti.
Verso la fine di
settembre del 1945, Horn decise di riprendere le osservazioni, dopo avere rimontato
lo specchio e le parti ottiche. Mancava, però,
l’energia elettrica necessaria per il moto orario dello strumento, per
l’illuminazione dei fili micrometrici nel cercatore e nel cannocchiale di
guida e per la rotazione della cupola. Per il moto orario fu adattato un motore
a peso, che doveva essere ricaricato a mano con conseguente interruzione della
posa, l’illuminazione dei fili micrometrici fu risolta usando una comune
pila, mentre la cupola era faticosamente ruotata a mano con una manovella. Il 7
novembre del 1945 lo strumento fu di nuovo rivolto al cielo e per due anni fu
utilizzato in queste condizioni. Tra l’ottobre del 1947 e il marzo del
1949 fu montato un nuovo motore elettrico per il moto orario, che funzionava
alimentato da batterie che dovevano essere portate a ricaricare in luoghi
lontani dall’osservatorio. Infine, il 30 luglio del 1951 la Stazione
ebbe di nuovo l’energia
elettrica e la situazione subì un rapido miglioramento.
Durante questi
lunghi sei anni gli astronomi avevano lavorato in condizioni di grande disagio,
ma erano stati capaci di svolgere un grande lavoro ottenendo alcune migliaia di
lastre.
Gianluigi Parmeggiani